19 gennaio
SAN MARIO, MARTA, ABACO E AUDIFACE
(Martiri)
Oggi 19 gennaio si venera s. Mario, insieme alla moglie Marta ed ai
figli Audiface ed Abaco, tutti martiri a Roma.
Mario è uno dei nomi più diffusi in Italia (è al quarto posto), presente anche in diverse varianti come Mariolino, Marietto, Mariuccio, Mariano,
per quest’ultimo nome, divenuto indipendente, bisogna dire che lo portarono diversi santi e beati ed è particolarmente legato al culto della Vergine,
detto appunto ‘mariano’.
Ma il nome Mario non è come si crede comunemente, il
maschile di Maria, ma riprende l’antico gentilizio (cognome) romano
‘Marius’ a sua volta derivato dall’etrusco ‘maru’ (maschio).
Secondo una leggendaria ‘passio’ del VI secolo, i quattro martiri componenti della stessa famiglia, persiani di origine, lasciarono la loro patria,
per recarsi a Roma a venerare le reliquie dei martiri, come facevano in quei tempi molti cristiani.
A Roma essi si associarono al prete Giovanni, nel dare una degna sepoltura a 260 martiri sulla Via Salaria, vittime della persecuzione di Diocleziano,
che giacevano decapitati e senza sepoltura, in aperta campagna.
Purtroppo questa pietosa opera non poteva passare inosservata, dato anche il gran numero di corpi, per cui Mario ed i suoi familiari furono scoperti,
arrestati e condotti in tribunale. Prima il prefetto Flaviano e poi il governatore Marciano, seguendo le norme degli editti imperiali li interrogarono, invitandoli
a sacrificare agli dei; avendo essi rifiutato, furono condannati alla decapitazione, per i tre uomini, il martirio avvenne lungo la Via Cornelia,
mentre per Marta avvenne presso uno stagno poco distante, ‘in Nimpha’.
Sul luogo del martirio, nella tenuta di Boccea, sorse poi una chiesa, di cui sono ancora visibili i ruderi e che durante tutto il Medioevo fu meta di pellegrinaggi.
Per quanto riguarda le loro reliquie, esse ebbero vicende molto complicate, alcune furono traslate a Roma nelle chiese di S. Adriano e di Santa Prassede,
e parte di esse nell’828, furono inviate ad Eginardo, il biografo di Carlo Magno, che le donò, come era uso allora, al monastero di Seligenstadt.
fonte: santodelgiorno.it
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